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Bucato ecologico: lavare i capi senza inquinare è possibile?

Ogni giorno in Europa vengono effettuati più di 98 milioni di carichi di bucato. All’incirca 1.000 lavatrici al secondo. Solo questo dato ci fa pensare che il bucato ecologico sia una contraddizione in termini, e in effetti è così. Non esiste nessuna azione umana che sia sostenibile al 100%, men che meno quella di fare il bucato. Esistono tuttavia delle buone pratiche per far sì che il nostro impatto di maniaci del pulito sia ridotto.

Nello slang lombardo fare il bucato corrisponde a “fare la lavatrice”, che rende il senso della fortuna che abbiamo da circa sessant’anni, ovvero quella di delegare il grosso del lavoro casalingo a un elettrodomestico. Nelle famiglie italiane meno abbienti, la lavatrice è stato un sogno fino agli anni ’60-’70. Adesso non potremmo pensare di farne a meno, al punto che quando si guasta la lavatrice è un vero dramma familiare.

Tutto questo per dire che una volta i panni si lavavano molto meno. Poi negli anni ’80 le nostre mamme e nonne hanno iniziato a prenderci gusto e, offuscate dall’ebbrezza provocata dal nuovo elettrodomestico, hanno preso a fare lavatrici anche con due fazzoletti, rigorosamente a 60 gradi. Insomma, insieme alla profusione di lacca sui loro capelli, hanno contribuito mica da ridere al cambiamento climatico. Ma non facciamone una questione generazionale e andiamo oltre.

Nel frattempo la ricerca dell’industria chimica ha fatto passi da gigante e gli studi sui consumi energetici si sono evoluti di pari passo. Ora abbiamo a disposizione tutti gli strumenti per capire come mantenere il nostro privilegio di casalinghe 2.0 senza inquinare come una ciminiera, ovvero fare un bucato che sia il più possibile ecologico, quindi rispettoso della natura, dei consumi e dei capi che laviamo.

Bucato ecologico, i detersivi da usare

Che siano in polvere o liquidi, quello sta a voi. Le variabili per la scelta di un detersivo per un bucato ecologico sono molte: il costo, la resa sul bucato, la profumazione, l’abitudine. Io uso un detersivo liquido concentrato, ma fino a dieci anni fa usavo il classico fustone in polvere.

Cosa è cambiato nel frattempo? I detersivi hanno cambiato forma e sostanza: più concentrati, con meno imballaggio e relativo risparmio di CO2 per il trasporto e riduzione di plastica. In molti supermercati e piccoli negozi ci sono i detersivi alla spina, anch’essi molto convenienti e decisamente meno impattanti di quelli classici. Le prestazioni di pulizia di questi prodotti – detti anche detersivi compatti – sono altrettanto buone, se non addirittura migliorate rispetto ai prodotti meno concentrati del passato, grazie a ingredienti ad alte prestazioni più sofisticati che agiscono anche a basse concentrazioni e a basse temperature.

Quindi tutti i detersivi vanno bene per un bucato ecologico? Non proprio, anche se negli ultimi anni gli scaffali dei supermercati si sono riempiti di prodotti “green”. In materia non esiste una normativa che certifichi in modo unanime la sostenibilità di un detersivo. L’unica normativa vigente su cui possiamo fare affidamento fa riferimento al regolamento europeo (CE) n. 907/2006, secondo cui è possibile apporre la scritta “biodegradabile” sull’etichetta di un detergente se “il livello di biodegradabilità (mineralizzazione) è almeno del 60 per cento entro un termine di ventotto giorni”.

Questa legge si applica però solo ai tensoattivi presenti nel prodotto, l’ingrediente che crea la schiuma, quello – per intenderci – che lava via lo sporco. Non fa cenno a tutti gli altri ingredienti, come i profumi, i coloranti o i conservanti, che possono benissimo essere derivanti dal petrolio. Fanno male? All’ambiente di certo, dato che non sono biodegradabili. Per noi no, a meno che si abbia la pelle particolarmente sensibile o si soffra di qualche patologia della pelle, come dermatiti atopiche o da contatto: in questi casi è sempre meglio optare per prodotti che abbiano il maggior numero di ingredienti di origine vegetale.

In generale, la regola base una volta scelto il detersivo, è quella di seguire le indicazioni sulla confezione in termini di dosaggio. Se è troppo o troppo poco, è facile che la biancheria non venga pulita e a quel punto è necessario un altro lavaggio per rimediare all’errore. E addio bucato ecologico.

A quale temperatura devo lavare i capi per un bucato ecologico?

Sulle temperature del bucato c’è un luogo comune piuttosto diffuso: si crede che lavare i capi a 30° anziché a 60° o a 40° non li pulisca a fondo. La verità è che le prastazioni dei moderni detersivi e delle attuali lavatrici sono così elevate, che un lavaggio a 30 gradi è sufficiente per un carico di capi mediamente sporchi.

I vantaggi di un lavaggio a basse temperature sono molteplici: garantisce la stessa pulizia, riduce i consumi di acqua ed elettricità e fa durare più a lungo i capi. È talmente vantaggioso lavare a 30° che è stata lanciata una campagna a livello europeo, Meglio 30°, che promuove il lavaggio a basse temperature come bene comune.

Ci sono tuttavia dei casi in cui è consigliato lavare a medie o alte temperature (in ogni caso mai più di 60°):

  • in caso di malattie contagiose in famiglia (malattie esantematiche, raffreddori e influenze, gastroenteriti)
  • in presenza di persone fragili o immunodepresse (anziani con gravi patologie o persone che non possono fare i vaccini)
  • quando si usano i pannolini lavabili (una volta ogni tanto fare un lavaggio a 60° riduce la carica batterica)
  • per gli indumenti intimi, i fazzoletti di stoffa e i tovaglioli di bambini o adulti con la pelle estremamente delicata o con vere e proprie patologie della pelle

Quanta acqua è necessaria per un bucato ecologico?

Per fortuna non sta a noi stabilire quanta acqua serve per un bucato il più possibile ecologico. Per questo ci sono gli ingegneri che progettano le lavatrici. In generale, ogni lavaggio impiega dai 40 ai 120 litri d’acqua, a seconda del programma scelto. Ci basti sapere che tutte le lavatrici, a partire dagli ultimi modelli in commercio, hanno prestazioni altissime e diversi programmi dedicati al risparmio energetico, in cui l’impiego d’acqua è ridotto al necessario. Secondo ENEA per risparmiare acqua ed energia è sufficiente seguire queste regole:

  • optare per lavatrici di classe A (dal 1º Marzo 2021, con l’introduzione del regolamento U.E. 2019/2014 l’etichetta energetica ha abbandonato i “+” e ha adottato una classificazione più intuitiva: dalla classe “A” – più efficiente – a “G” – meno efficiente)
  • acquistare una lavatrice che soddisfi il reale bisogno della persona o della famiglia: meglio comprare un modello con carico da 5kg e usarla sempre a pieno carico che una lavatrice da 7kg e usarla a mezzo carico a ogni lavaggio
  • far partire la lavatrice solo a pieno carico (repetita iuvant)
  • evitare di caricare troppo la lavatrice: tra la biancheria e la parte superiore del cestello deve passare una mano. Se il cestello è troppo pieno, la biancheria assorbirà quasi tutta l’acqua e l’acqua rimanente non basterà a sciogliere completamente il detersivo
  • seguire le indicazioni sull’etichetta dei detersivi: dosare in modo corretto i prodotti permette di ottimizzare il bucato
  • optare per programmi eco o con l’opzione “risparmio energetico”

Mi permetto di aggiungere un paio di suggerimenti: asciugare i panni all’aria aperta appena è possibile (non c’è migliore disinfettante del sole), evitare di aggiungere addittivi e igienizzanti, pre-trattare le macchie in modo tempestivo e ricorrere al lavaggio a mano solo se strettamente necessario. Se ognuno di noi seguisse queste poche indicazioni, non solo i consumi di acqua ed energia elettrica si ridurrebbero sensibilmente, ma anche il nostro impatto sull’ambiente.

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